Profondità di campo

2007-04-20 21:17:54

 

EVERGREEN 1 

 

sul Corriere della Sera - Puglia, 3 dicembre 2005, con altro titolo


Un paio di settimane fa sono stato sul Massiccio del Pollino. Nulla di nuovo tranne la compagnia: si trattava di conoscenti interessati più che altro a un pranzo a base di funghi.

Li ho portati in un posto panoramico. Trattandosi di località raggiungibile in auto, la vallata in cui sostavamo non offriva vedute sconvolgenti. Meritava tuttavia apprezzamento. Un monte in particolare attirava l'attenzione: il fianco rosso per le foglie dei faggi, il blu dietro la vetta e proprio sul cocuzzolo batuffoli di nuvole: abbastanza per ritemprare lo sguardo di chi se ne sta chiuso in paese tutto il tempo. Mi sono girato verso i compagni di gita per capire se la vista li rallegrava, ma nessuno guardava in alto. Stavo per esortarli a farlo, poi mi sono fermato: meglio godersi il brillio negli occhi quando avessero alzato lo sguardo per conto loro. Così mi sono messo a scrutare le loro teste. Che non si alzavano. Erano dirette verso il banchetto dei formaggi del tizio col camioncino, verso il tizio e la di lui consorte, verso la fontana dove ci siamo dissetati, verso gli altri gitanti, ma non si sollevavano mai. Dovrà succedere, mi dicevo, sempre più incredulo man mano che i minuti passavano. Ma quel mezzo grado di inclinazione del capo sufficiente a inquadrare la montagna non veniva mai raggiunto. Siamo rimasti lì almeno un quarto d'ora, forse venti minuti. A saperlo avrei cronometrato dall'inizio. Tredici teste. Tredici. Anche solo per sciogliere la muscolatura del collo dopo tre ore di macchina, uno su tredici questa benedetta testa avrebbe dovuto sollevarla. Niente. La gente guarda in basso. La gente non ha motivo di levare il capo verso l'alto.

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