La Pizzeria salento e la Via Lattea

2012-07-22 17:21:52

 

Il Camino di Santiago

 

sul Corriere della Sera - Puglia, 8 Luglio 2012


Pizzeria Salento, Sarria, ovvero come seguire la partita Italia-Spagna in Galizia con dei compatrioti. Massimo, da Castro, ha sposato una ragazza di qui e ci si è trasferito dalla Svizzera per deliziare galiziani e tedeschi, così non ci lamentiamo se la pizza “Salento” presenta un ingrediente che non ha nulla a che vedere col Salento (e neppure con la decenza): il mascarpone.

 

Massimo lamenta meticolose ispezioni delle autorità nel suo locale mentre la Pulperia Luìs, all’angolo, esibisce tranquillamente rastrelliere di piatti di legno, le stoviglie più antigieniche che esistano, sulle quali tradizione vuole che vengano servite le rondelle di piovra atlantica. Gli schifiltosi burocrati europei troverebbero da ridire anche sulla diffusa usanza di utilizzare gli stessi contenitori, refrigerati o no, per carni, pesci, formaggi e dolci. 

Ma qui ci si gode l’esotico senza fisime: dismessi gli scarponcini e i dannati bastoncini da nordic walking che sull’asfalto ticchettano odiosamente e sul terreno sono utilizzati a caso o per niente (qualcuno a cui hanno detto che sono imprescindibili li porta appresso come un’offerta da recare al Santo), i pellegrini sono assimilabili a qualsiasi turista, distinguibili solo perché, procedendo verso oriente, sono abbronzati a sinistra. Tutti si gettano sul polpo per dimenticare la strada di merda che devono affrontare. Dato il gran numero di vacche, infatti, l’ultimo tratto del Camino è tappezzato di merda: alla Via Lattea che indica il cammino in cielo corrisponde una via lattea terrena con eiezioni collaterali. Se qualche acquazzone dilava il percorso, la puzza non vi abbandona in ogni caso, e se proprio dovessero diradarsi le fattorie ecco un bel concimificio a rallegrare le narici. 

Però questo ultimo tratto di Camino non lesina attrattive e in ogni caso un pellegrino non dovrebbe lamentarsi delle avversità. A questo proposito, se c’è un effetto certo del pellegrinaggio a Santiago è quello di far comprendere, almeno un po’, la leggenda francescana sulla perfetta letizia. Se è difficile considerare lieta la prospettiva di soffrire maggiormente fame e gelo, si può almeno entrare nello spirito che poteva auspicarla. Del resto è a questo che serve il Camino: alla reale comprensione di ciò che già conosci. Non impari niente di nuovo, qui, conosci già tutto ma cerebralmente: sono idee che accarezzi di tanto in tanto quando ti ritrovi a filosofeggiare, precetti che abbandoni appena rientrato nella diabolica routine.

 

Il Camino è un Bignami d’acciaio, una vita condensata, ti ripropone in breve tutte le lezioni già impartite dalle quali non hai tratto beneficio. Te le imprime così velocemente, te le impartisce così fisiologicamente che proprio non puoi fare a meno di ‘capire’. Non col cervello ma con ogni fibra muscolare, con ogni organo. Col midollo. E’ una marchiatura: i sellos sono sul corpo, non solo sulla Credenziale. Anche queste lezioni, ovviamente, sono facili da dimenticare: dopo cinque minuti ti ritrovi nell’abituale, sciocca postura. Ma qui te ne rendi subito conto, fai ammenda, ringrazi l’Apostolo e quando ci ricaschi, ritrovi subito la giusta Via. Qui si impara a Leggere: ogni evento è un Segno, devi essere di coccio per non avvertirlo. 

Forse questo varrà anche per la tedesca che veniva dal lusso della suite reale del Burj Al Arab di Dubai e, in attesa di trasferirsi in villa sul lago di Como, aveva deciso di fare una vacanza del tutto opposta alle solite, una vacanza di fatica e adattamento. Avrà resistito, lei, all’impatto della Cattedrale, grigia, severa, imponente, all’aura conferita da milioni di pellegrini in mille anni? Sarà riuscita a non versare una lacrima nel santuario dell’Apostolo, alla fine di questo strano rito che per essere collettivo (fin troppo negli ultimi cento chilometri) risulta comunque solitario, individuale, singolare? 

 

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