Lo scaffale di Sibaldi

2009-01-15 12:27:53

 

Intervista a Igor Sibaldi

 

Mi accorgo ora di aver omesso l'inserimento di questo pezzo, pubblicato sul Domenicale da diversi mesi:

 

PINOCCHIO E MOWGLI, VIAGGIATORI DELL’ALDILA’
Non collocate i suoi libri nello scaffale ‘Esoterismo’: Igor Sibaldi è un filologo, e non si tratta di un mero dato professionale ma di una

 

compulsione derivante dal dato biografico: figlio di due mondi (padre italiano, madre russa) Sibaldi ha subito come una ferita il muro linguistico e dopo aver tradotto ottomila pagine di classici russi si è dedicato a muri più massicci: ebraico, greco neotestamentario, geroglifici. Partendo da lì ha ripercorso tutti i classici della narrazione, dal Faust al Libro della Giungla. Immergendosi nelle ricognizioni dello slavista, non possiamo più illuderci sulla casualità del carattere sapienziale delle grandi narrazioni: ogni scrittore che ha lasciato il segno nel nostro immaginario, si tratti di Dante o dell’anonimo estensore di Aladino e la lampada incantata ci appare nelle vesti di iniziato. Rispunta l’esoterismo? No, perché il lavoro di Sibaldi ha una forte impronta psicoanalitica. Nonostante le sue critiche all' odontoiatria della coscienza, il Viaggio che propone è, in un certo senso, una nuova forma di terapia psicoanalitica: la frequentazione degli Spiriti Guida e il concetto di sincronicità sono anche junghiani e i draghi da affrontare negli stadi più avanzati del Viaggio sono blocchi psichici, traumi “rimossi”. Questo genere d’inconscio però non è dentro il nostro piccolo grande Io, non è ereditato geneticamente come voleva lo psicoanalista svizzero: la sua coralità è esterna, perenne, trascendente, irriducibile. Aldilà, non al di sotto. Ora però non dirigetevi ancora verso scaffali sbagliati: nel volume uscito in questi giorni (Libro degli Angeli, Frassinelli, pp. 442, € 18), che pure riprende tradizioni cabalistiche, lo slavista fa riferimento a Edmund Husserl, il matematico prestato alla filosofia. D’altro canto, ogni suo testo può essere percorso in cerca di suggestioni poetiche di grande impatto. Insomma, lasciate perdere gli scaffali e adoperate il comodino.

Il mondo invisibile riassumeva i libri precedenti: cosmogonia, mappe dell’Aldilà, Spiriti Guida, terapie, soprattutto un’ esaustiva ricognizione narratologica, dalla Commedia alle Mille e una notte. Ciò che in altri testi era immaginifico, a volte criptico, in ogni caso suggestivo, qui viene “spiegato” nel modo più razionale – e in certo senso banale - possibile. Ma gli Unknown Instructors di Yeats intendevano fornire solo metafore. Divulgare non è “gettare perle ai porci”? 
Sì, è proprio questo. Voler insegnare è un difetto grave, e ci si mette a insegnare proprio per superarlo. «Chi sa fare, fa; chi non sa fare, insegna» come diceva Cechov. È che richiede enorme fatica e coraggio accorgerti che ciò che scopri cambia il mondo di per sé, e se lo divulghi è soprattutto perché non osi assumerti la responsabilità di un cambiamento. Se esiste un inferno, chi insegna ci andrà di sicuro. Ma ho un’attenuante: nel mio modo di insegnare, faccio puntualmente in modo che chi mi ascolta disimpari ciò che sapeva prima. Ricorda, nel Monello di Chaplin, il bambino che rompe i vetri perchè il vetraio, suo padre adottivo, capiti poi a ripararli? Anch’io rompo vetri. Il lettore assiste a questo teppismo propedeutico e spero che scoppi a ridere. Se ride avrò il purgatorio. Almeno spero. 

Stupisce la facilità con la quale sembra si possano raggiungere gli Spiriti Guida: basta seguire qualche indicazione ed ecco, laddove per quasi tutte le discipline l’adepto sarebbe appena agli inizi di una corretta, faticosissima concentrazione, qualsiasi lettore si ritrova circondato da assistenti e guide, in coppia, come si fosse rivolto a un tour operator. Immagino però che nei suoi corsi ci sia qualche aiuto in più. Forse troppi: a qualsiasi viaggiatore i Maestri si presentano nelle stesse forme. 
È una cosa che ha stupito anche me, all’inizio. Ma ho dovuto riconoscere che il «contatto» con il cosiddetto Aldilà è una facoltà naturale. I bambini ce l’hanno e la praticano ottimamente. Per un adulto, non sarebbe più difficile del gioco o del desiderio, o dell’abbandono erotico - se da migliaia di anni gli “esperti” non si fossero impegnati a convincere il mondo del contrario. È facile intuire perché. Se hai un accesso individuale e rapido all’Aldilà, non ti occorrono sacerdotespontifices, e le principali strutture religiose non occorrono più. È ciò che spiegò, tra gli altri, Gesù, e com’è noto venne accusato anche lui di essere un tipo «anomalo». Quanto alle forme e agli abiti dei Maestri, non è vero che li vedano tutti negli stessi modi. È vero, invece, che uno dei primi consigli che gli Spiriti Guida danno al loro allievo è quello di non badare affatto a come li veda. Li si “vede” solo nella fase iniziale, o nei momenti di stanca. Quando la conversazione si scalda, ci si accorge che il confine tra noi e loro scompare. Come dicevano i miei primi Maestri: «Noi siamo te. Ma tu sei tu in un mondo piccolo. Noi siamo te in un mondo grande».

La cosa che più mi ha colpito ne I maestri invisibili è la sprezzante considerazione delle Guide riguardo all’umanità: “diffusori di tenebra”, noi uomini non solo siamo meno evoluti delle scimmie, ma non evolviamo come specie. Questa non s’era mai sentita, manco gli animalisti ultrà o le gattare spregiatrici dei loro simili. O forse questa considerazione vale solo per una parte dell’umanità (gli ilici) mentre Lei, seguendo la tripartizione degli gnostici, si rivolge agli pneumatici? 
Il segreto è che ognuno di noi è in parte ilico, in parte psichico, e in parte pneumatikòs. Ognuno di noi ha, cioè, un “io” di cui sa pressoché tutto, un altro “io” che conosce il precedente, e un terzo “io” più grande, di cui gli altri due non sanno niente. L’evoluzione c’è quando si impara a identificarsi in quest’ultimo, e a non prendere troppo sul serio i brontolii e le perplessità degli altri due. C’è chi ci riesce presto (e vive vite molto interessanti) e chi no. L’ostacolo principale è dato dal fatto che la maggioranza di quel che leggi e senti dire in giro proviene dai due settori dell’«io» refrattari all’evoluzione, e su questo insistono tutte le Scritture, da Noé a Paolo a Dante, e molti filosofi, tra cui i più recenti sono Husserl, Sartre e Castaneda. Io ne convengo pienamente.

Nel Mondo invisibile sostiene che il malato non è vittima di determinati demoni-malattia: le malattie non esisterebbero come entità. Questo contraddice la concezione, inaudita e inquietante, rintracciabile in Maestri invisibili: ogni malattia è un immenso essere evoluto che viene a insegnarci e che evolverà in futuro, diventando un Angelo. 
Non è una contraddizione. Un Angelo non è un’entità: è un’energia. Sono convinto che una delle cose che più ci sembra temibile, cioè la malattia, sia appunto in realtà un modello evolutivo della nostra psiche, che noi temiamo soltanto perché contrasta con il nostro attuale modo di essere. Un modello: nel suo carattere collettivo, nella sua potenza comunicativa, «contagiosa», nella sintesi creativache in essa si opera tra corpo e mente (nella malattia noi facciamo avvenire ed esistere cose nuove nel nostro corpo!) e via dicendo. Tutti tratti propri degli Angeli, non certo dei demoni - che sono inferiori all’io umano, nella scala evolutiva dell’invisibile. Certo, la malattia distrugge. Ma ciò che ci distrugge o determina le nostre sconfitte, sia sociali sia individuali, non è sempre una qualche potenzialità evolutiva che avevamo negato, temuto, represso, ignorato, e che non potendo farsi udire e realizzare dalla coscienza si è dovuta manifestare in altro modo? 

Le capita spesso di citare mistici come Teresa D’Avila (omettendo il Santa, per altro). Ma la Via di costoro era tutta intera dentro la Chiesa, in quell’“Abbraccio” per Lei mortale. San Pio, che lottava come Giacobbe ogni notte, non s’è mai schiodato dalla gerarchia che lo perseguitava. Non vedevano chiaramente? 
Non sono di estrazione cattolica, ma non ho dubbi sul fatto che il Cattolicesimo sia attualmente la religione istituzionale più ricca, più evoluta e soprattutto la più colta in campo psicologico, tra quelle di cui attualmente disponiamo. Teresa, padre Pio e moltissimi altri luminari della mistica cattolica hanno trovato in questa religione un ottimo ambiente per poter sviluppare le loro facoltà. Purtroppo, da filologo e studioso di teologia, non condivido in alcun modo l’uso che il Cattolicesimo fa delle Scritture, i sorprendenti errori nelle traduzioni, e soprattutto l’ignoranza che la stragrande maggioranza del clero ha del significato dei sacramenti di questa Chiesa.

C’è una componente ‘politica’ non trascurabile nel suo libro. Il mondo invisibile è un inno alla disubbidienza, alla trasgressione. Il nostro eroe diventa Caino, l’iniziato è un ribelle che invece di rientrare nella comunità deve disprezzarla. La tradizione è per Lei solo una gabbia. Non c’è il rischio che testi come questo, con una lettura del Decalogo alquanto “comoda”, risultino solo disgreganti? Lei si preoccupa della dipendenza “psicologica” del legame matrimoniale. Non intravede una sacralità nei nostri legami, per quanto tortuosi possano essere nella contingenza? Non mi sembra, in altre parole, che sia ben chiara la distinzione tra senso di colpa, di cui disfarsi, e il concetto stesso di colpa. O di dovere. 
Ci sono periodi della nostra storia individuale e della storia umana in cui è bene esercitarsi nel dovere, nell’obbedienza a comandamenti e istituzioni. E ciò avviene, in genere, quando un popolo o una cultura sente di aver raggiunto una verità o un valore sufficiente, o magari una verità o un valore più alto del livello della coscienza collettiva, e tale dunque da dover essere approfondito. Ci sono altri periodi in cui noi, o la nostra cultura, o il nostro popolo, si accorge invece di crescere: e allora non c’è valore, non c’è obbedienza che diventi un limite da riesaminare. Gesù ne parla quando dice: «Non giurate mai fedeltà a nessuno, ma dite «sì» solo quando per voi è «sì», e dite «no» solo quando per voi è «no»». Da un lato, io penso che ci troviamo in periodo di questo tipo. Dall’altro, penso che il compito di qualsiasi filosofo sia quello di ricercare comunque, nella propria epoca, la possibilità di giungere a un periodo di transvalutazione. Se ci riesce, bene; se non ci riesce, meglio ancora: voleva dire che la sua epoca era abbastanza salda.


Scrivi commento

Commenti: 0