Prima del no

2012-12-20 08:11:05

 

Scienziati e maestrini Fanatismo ateo

 

Antonio Pizzuto, uno dei più raffinati prosatori italiani (“leggerlo è ascesi yoghica: muta il respiro in una qualche vita” scrisse di lui Geminello Alvi) ricordava in una lettera a Gianfranco Contini la lunga esitazione del suo adorato maestro, il fenomenista Cosmo Guastella, di cui si disse che era “vocato ad ammazzare la metafisica”, alla domanda diretta che infine gli aveva posto: “Professore, crede Lei in Dio?”.

“E quanto, quanto tempo si prese prima di un no” – riporta Pizzuto.  

Quali abissi di pensiero, di coscienza della complessità, di profonda sofferenza, in quell’intervallo di tempo. Uno che ha studiato le declinazioni dell’essere per cinquant’anni, che sull’esistenza di Dio ha dovuto interrogarsi e rispondersi novantanove milioni di volte, dovrebbe avere la risposta pronta, penseremmo. Invece no: all’interrogativo fondamentale non c’è mai una risposta definitiva, preconfezionata, inattaccabile. Empiristi o no, docenti universitari o acerbi liceali, alla Domanda si è sempre impreparati. A ritardare la risposta, del resto, basterebbe la necessità di chiarire l’accezione del termine. E a impedire un no subitaneo resterebbe l’atteggiamento più comune, più onesto, più ragionevole, che può assumere chi non ha fede: l’agnosticismo, permanente (in linea di principio) o temporaneo (nella prassi) che sia. A ogni modo l’esitazione è il minimo che si possa chiedere a un essere davvero pensante.

 

Paragonate ora quella venerabile lentezza alla stolida prontezza degli atei in servizio permanente effettivo. Alla baldanzosa ottusità, ad esempio, di quell’insegnante di matematica che da anni va mulinando luoghi comuni contro la fede, i religiosi, la Chiesa. Quel tizio che impesta librerie e studi televisivi conducendo fiere e inutilissime battaglie per spiegarci che i racconti delle scritture sono scientificamente insostenibili con la sicumera di chi, dopo secoli di oscurantismo e superstizione, sta finalmente scrivendo la parola fine sull’argomento. Uno si laurea in matematica, va in giro a recitare freddure e passa automaticamente per uno scienziato, ovvero per un cervellone la cui opinione è autorevole, se non inappellabile. Lo stesso dicasi della tipa che – da Presidente onorario degli Ateti e degli Agnostici razionalisti – guarda le stelle (ma l’unico asteroide che porta il suo nome l’hanno scoperto altri).

Gli scienziati veri, i grandi pensatori, gli uomini che hanno capovolto il mondo con geniali intuizioni (o ispirazioni) erano infinitamente più cauti, avevano un atteggiamento riflessivo, dubitativo, aperto, sulle cose ultime e quando usavano la parola Dio non era certo per raccontare barzellette.

Newton passò gli ultimi anni della sua vita a commentare le Sacre Scritture.

Heisenberg, padre della meccanica quantistica e membro della Chiesa Evangelica, pronunciò queste parole: “Il primo sorso dal bicchiere delle scienze naturali rende atei; ma in fondo al bicchiere ci attende Dio.”

Fred Hoyle (uno dei massimi astronomi e matematici del novecento):“Ma è possibile che il caso abbia prodotto anche soltanto gli oltre duemila enzimi necessari al funzionamento del corpo umano? Basta una piccola serie di calcoli al computer per rendersi conto che la probabilità che questo sia avvenuto casualmente è pari alla probabilità di ottenere sempre 12, per 50.000 volte di fila, gettando due dadi sul tavolo (due dadi non truccati, ovviamente). Più o meno la stessa probabilità del vecchio esempio della scimmia che, battendo su una macchina da scrivere, finirebbe con lo sfornare tutta intera la Divina Commedia, con capoversi e punteggiatura al punto giusto. E questo, ripeto, solo per gli enzimi, perché l’improbabilità raggiunge livelli ben più pazzeschi se ci si allarga a tutte le innumerevoli condizioni necessarie alla vita: tutti ‘numeri’ usciti da cilindro del caso? Se si risponde sì, si esce dalla ragione”. 

Einstein, fieramente cavalcato dal barzellettiere perché non credeva in un Dio personale, nutriva però “la convinzione profondamente appassionante della presenza di un superiore potere razionale, che si rivela nell’incomprensibile universo”. “La scienza – diceva – contrariamente ad un’opinione diffusa, non elimina Dio. La fisica deve addirittura perseguire finalità teologiche, poiché deve proporsi non solo di sapere come è la natura, ma anche di sapere perché la natura è così e non in un’altra maniera, con l’intento di arrivare a capire se Dio avesse davanti a sé altre scelte quando creò il mondo”. Dio creò il mondo. Non il Dio dei cattolici o di altre religioni costituite ma pur sempre un Creatore. E proprio da una frase del più leggendario dei fisici risultano degnamente definiti certi figuri: “Gli atei fanatici sono come schiavi che ancora sentono il peso delle catene dalle quali si sono liberati dopo una lunga lotta. Essi sono creature che – nel loro rancore contro le religioni tradizionali come ‘oppio delle masse’ – non possono sentire la musica delle sfere”. 

                                                                                                                   anche su Oltre la notizia

Scrivi commento

Commenti: 0