Maschicidi a gogò

 

Arsenico e vecchi stracci

 

La fabbricante di vedove di Maria Fagyas – da cercare tra i remainders - si ispira a un fatto realmente accaduto in Ungheria dopo la prima guerra mondiale. Se così non fosse questo romanzo ci parrebbe intollerabilmente grottesco. La quantità di uomini  uccisi in un minuscolo paesino da una consorteria di novelle Menadi, nell’indifferenza (o nell’omertà) generale, risulta inconcepibile anche per la fantasia più sfrenata: una cinquantina, più della metà delle donne uccise in tutta 

Italia l'anno scorso. Senza i verbali di polizia sbotteremmo sprezzanti “cosa va a inventarsi questa?”. Ciò che colpisce di più è che senza un ‘incidente’ di percorso nulla sarebbe mai trapelato. Come possiamo fare a meno di supporre che per un maschicidio di massa casualmente scoperto, se ne siano verificati migliaia di individuali a macchia di leopardo in paesi simili, nella stessa epoca, e soprattutto prima, quando di CSI non esistevano neppure gli antesignani? Stiamo parlando di un’ecatombe. Ma, si sa, l’omicida è sempre maschio (perché è primitivo, trasparente: picchia, strozza, al massimo afferra la clava, così lo impiccano in men che non si dica).

 

Il romanzo dell’ungherese Maria Fagyas, nata a Budapest nel 1905 e più nota come autrice de Il tenente del diavolo, dipinge perfettamente il mondo asfittico della provincia agricola dell’epoca e a volte, pur nella tragicità, riesce addirittura divertente. Memorabili le pagine iniziali, che dipingono il ritorno di un prigioniero di guerra, le sue aspettative (il miraggio di un sorriso che gli ha permesso di sopravvivere ad anni di stenti) e l’accoglienza reale, più raggelante di qualsiasi Siberia. Ovviamente i buoni sono quasi assenti: le vittime infatti, anche se a volte risultano del tutto incolpevoli, brillano spesso come beoni, sfaticati, prepotenti. Fa specie però che molti vengano ‘giustiziati’ quando non sono più i prevaricatori, quando tornano vinti, sofferenti e denutriti dal fronte o, più spesso, dalla prigionia. Qualcuno di loro era anche un ottimo esempio di condotta, ma le loro donne si erano abituate a disporre di schiavi, prigionieri russi efficienti e sottomessi nei campi e a letto, e non intendevano tornare alla vecchia vita, o, peggio, badare a un cieco o a uno storpio.

 

Questa storia richiama alla mente Il signore delle mosche, di William Golding: una comunità innocente, racchiusa in un microcosmo, precipita in brevissimo tempo nella barbarie. Ma lì si trattava della malvagità primigenia che si riafferma istantaneamente in assenza di freni, di autorità, di strutture. Il paesino ungherese invece ospitava di una comunità strutturata, religiosa, soggetta ai vincoli della amministrazione imperiale. Da dove nacque questo quasi festoso delirio omicida? Nel nostro mondo la deriva nichilista ci ha messo secoli a trionfare. Cosa le ha permesso di trionfare così velocemente a Ladany? Il corpo estraneo, la nuova ideologia, è quella portata dalla fabbricante di vedove, la levatrice che ha studiato in città e regala alle donne del paese l’attenzione alla salute, all’igiene, alla consapevolezza di sé. E’ una femminista, che non potendo portare avanti in altro modo le giuste rivendicazioni, tramuta le istanze positive in egoismo, indifferenza, sete di  vendetta. Ovviamente la levatrice è anche abortista: come tutte le mammane amministra la vita e la morte. Ma è soprattutto sostenitrice dell’eutanasia. Tutto nasce infatti dalla ‘medicina’ per i sofferenti. Perché farli soffrire (e doversene occupare così faticosamente e così a lungo)? Perché mai? La domanda, è sempre la stessa: perché sacrificarsi per un cieco? perché accontentarsi di uno storpio? perché sopportare un ubriacone? perché aspettare tanto a lungo un’eredità? perché, quando c’è la medicina?

 

Perché no? E’ la domanda che risuona sempre più spesso anche qui intorno. Le consuete, sacre o semplicemente sagge risposte del passato non vengono  esaminate neppure per un istante. Si danno per defunte a prescindere. A quale scopo entrare nel merito? L’etichetta è già chiara, tombale. Vecchiume, spazzatura, residuato.

 

Così, in pochissimi anni, decine di donne appartenenti a una comunità timorata di Dio si sono trasformate in libertine, uxoricide, parricide. In nome della pigrizia, dell’affermazione di sé, dell’egoismo. Un’epidemia virulenta: ‘lo facevano tutte’. Scomparso il Dio della carità e del sacrificio, le donne di Ladany si sono rivolte a “una paffuta femmina, una specie di Pallade Atena magiara, metà ninfomane e metà lesbica, castratrice di uomini e liberatrice di donne, con un contraccettivo in mano e una fiala di arsenico  nell’altra”. Le sue bandiere sono quelle che ben conosciamo: aborto, eutanasia, eugenetica. E oggi cosa mai potrebbe fermare il relativismo, sostenuto dai poteri, codificato da ogni burocrazia, mentre la coesione sociale e familiare viene sapientemente disgregata e le religioni sbeffeggiate in maniera preordinata e sistematica?

 

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