Niels Bohr, l'antropocentrico

Alla luce della Scienza lo scettico ride dei credenti: vi illudete di essere i prescelti, pensate che un Creatore si occupi delle vostre misere esistenze; ma vi rendete conto di quanti miliardi di pianeti esistono, solo nella nostra galassia? Che dite delle incommensurabili ere di tempo passate dalla nascita di questo universo, prima che, appena quattrocentomila anni fa, cominciasse la

vostra miserabile storia? E che pensate delle miriadi di altri universi quantistici, paralleli, concentrici, intersecati? Il Creatore avrebbe tolto dal nulla tutto ciò solo per dar vita a quattro scimmie nude e correr dietro a loro su un infinitesimale pezzo di roccia? Siete uno sputo nell’esistente e il creatore, se c’è, ha altro da fare; mettetevi l’anima (si fa per dire) in pace.

  

Premesso che un cattolico non dovrebbe aver dubbi sulla sua irrilevanza, di sicuro molti credenti sono stati scossi dalle incalzanti scoperte astronomiche. Essere al centro dell’universo sembra poco credibile: non siamo neppure vicini al centro della nostra galassia, decentrata anch’essa nel nostro piccolo, misconosciuto universo. Del resto sapevamo già da secoli che non tutto ruotava attorno a noi, anzi.

 

Ma se vi fondate sulla scienza allora dovete andare fino in fondo: nel secolo scorso il retrogrado Einstein si ostinava a pensare a un universo razionale, approntato da un creatore serio, mica uno che giocava a dadi. "La luna esiste anche quando non la vediamo" affermava. Bohr non condivideva: se nessuno la guarda non esiste, ribatteva. Un dilemma nato in laboratorio sfociava in un colossale conflitto filosofico, trascinatosi per decenni. Pare che nel 1981 tale Alain Aspect abbia infine eseguito esperimenti che danno ragione proprio a Bohr: nulla esiste se non viene osservato.

 

Alt! Nulla esiste se non viene osservato.

 

Non so cosa dica questo a lor signori, ma io rabbrividisco di fronte a questa affermazione così semplice, prosaica, tecnica. Se nulla esiste senza un osservatore, tutti quei miliardi di universi in realtà non esistono. Non senza l’Uomo. Gli osservatori siamo noi. E solo noi. Le pecore non contano, solo il pastore errante nell’Asia si incanta a rimirar le stelle, ricamandoci su tante belle storie, all’inizio, misurandole coi telescopi poi. Altri osservatori non se ne sono ancora rintracciati, in tutto questo vorticare di spazi, materia, antimateria, buchi neri, supernove e tricche tracche. Non significa nulla, lo so: siamo così isolati e ciechi che possiamo esplorare poco più di niente. Lo ammetto. Allo stato attuale, tuttavia, attenendoci ai fatti (alla Scienza), l’Uomo è (ancora) misura di tutte le cose. Solo attraverso i suoi occhi il Creatore può rimirare il creato, rendergli effettiva esistenza. Ho sempre immaginato che noi siamo il Suo sguardo, che siamo stati creati per questo. Ricreiamo, o co-creiamo l’universo. Quando osserveremo altri fantastiliardi di osservatori dentro i buchi neri, potremo comunque riparlarne.

 

 

Vi era già stata una riconsiderazione del processo di misura: un grande logico del Novecento, John von Neumann, inserendosi nel dibattito sul principio di indeterminazione di Heisenberg, aveva riconsiderato il processo di misura comprendendovi oltre all'interazione particella-strumento di misura anche l'interazione strumento-sperimentatore. Cosa possiede lo sperimentatore di così diverso dallo strumento di misura? Possiede una coscienza. Ed è proprio questo elemento extra-fisico la soluzione rivoluzionaria al problema della misura. In quest’ottica tutto il mondo materiale sarebbe sospeso in una sorta di limbo di possibilità che per diventare attuali e determinate necessitano della presenza dell'uomo, anzi, per essere precisi, della coscienza dell'uomo. Questo approccio, appoggiato da fisici come Edmond Bauer ed Eugene Wigner, viene considerato come una “seconda rivoluzione copernicana” nella storia del pensiero scientifico: l'uomo è ritornato al centro dell'universo, è il perno fondante di tutta la realtà. Il Sole, metaforicamente, gira di nuovo intorno alla Terra.

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